
Può un’icona, un corpo – anzi, IL corpo – una leggenda fatta carne, un mito consacrato a furia di sguardi e desideri, abbandonare la sua forma originaria per abbracciare una nuova, più intima e autentica dimensione?
The Last Showgirl, il nuovo film di Gia Coppola, nelle sale italiane dal 3 aprile, prova a rispondere a questa domanda con la storia e l’interpretazione magistrale della sua protagonista, Pamela Anderson, che per interpretare Shelly, una showgirl di Las Vegas che deve fare i conti con la fine imminente e dolceamara della sua carriera sul palco, si è davvero spogliata di ogni orpello, rivelandosi nella sua magnifica vulnerabilità.
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Il percorso iniziato dall’attrice fuori dal palco e dal set – da tempo Anderson si è votata al no-make up, rigettando la narrazione di provocante “mangiauomini” che le si è appiccicata addosso dopo l’esperienza in Baywatch negli anni Novanta e con le turbolente vicende sentimentali vissute con l’ex marito Tommy Lee – si è sublimato in questo film dolceamaro, che le è valso anche una nomination ai Golden Globe 2025 e il plauso caloroso del pubblico e della critica.
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Non ce l’ha fatta, Pamela, a portarsi a casa una statuetta durante la recente stagione degli award (che, se è per questo, non ha premiato neanche Demi Moore, splendida eroina di The Substance), anche se lo avrebbe meritato: la sua performance in The last showgirl è commovente e umanissima, autobiografica e universale insieme. Ma perché questo film sta facendo tanto parlare di sé? Cosa lo rende così speciale?
Di cosa parla The Last Showgirl?
In una Las Vegas brutale, in cui la sabbia del deserto e gli strass dei vestiti delle ballerine che si esibiscono nei decadenti teatri della città si mescolano e si confondono tra loro, Shelly (Anderson) deve fare i conti con la fine: dopo 30 anni, lo show delle Razzle Dazzle, in cui milita dagli anni Ottanta, chiuderà i battenti per sempre. Lei e le sue colleghe, considerate troppo vecchie pure a 30 anni per continuare a calcare i palchi, si ritrovano a fare i conti con tutto ciò a cui hanno rinunciato per perseguire, sera dopo sera, spettacolo dopo spettacolo, la loro carriera.
Forte di un’esperienza da performer che non vuole chiudere in un cassetto, Shelly verrà rifiutata a ogni provino per via dell’età. Perché per chi lavora nel settore ormai la showgirl è vecchia, da buttare via: un corpo che ha fatto il suo dovere, che è stato guardato e ammirato innumerevoli volte, e che ora non serve più.
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The last showgirl è anche una riflessione su come sogniamo di fare i genitori e su come poi lo diventiamo effettivamente, in un continuo gap tra aspettative ed errori che ci fa sentire futili, sbagliati, inconcludenti: Shelly infatti ha una figlia, Hannah (Billie Lourd), che ha affidato ad altri quando era piccola e che ora non la riconosce come madre, né vuole starle vicino o conoscerla più profondamente.
Il racconto di Gia Coppola, che a Interview Magazine ha detto di non aver mai avuto dubbi sulla protagonista del film («Non avrei mai potuto immaginare nessun altra nella parte e non avrei accettato un no come risposta»), è incorniciato da una fotografia malinconica, da un cast corale azzeccato (perfetta è Jamie Lee Curtis nei panni di Annette, anche lei stella sul viale del tramonto; ci sono anche Brenda Song e Kiernan Shipka, che interpretano le nuove leve delle Razzle Dazzle) e da una costante inquietudine.
The Last Showgirl è una riflessione intima su corpi, sull’essere madri e sull’essere amiche
Coppola ha raccontato di essersi ispirata alla pièce teatrale della cugina Kate Gersten, a sua volta analisi del mondo dello showgirl degli anni Ottanta estrapolato dallo spettacolo teatrale Jubilee! del 2012, per mettere in scena l’universo sfiorito e amaro in cui Shelly e le sue colleghe provano a fare i conti con il loro destino.
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«Quando ho visto Pamela nel suo documentario (Pamela: a Love story su Netflix, risposta biografica al Pam&Tommy di Disney+, racconto finzionale sulla sua vita privata) non sapevo nulla di lei come attrice, ho solo pensato: ‘Potrebbe essere intrigante coinvolgerla’. Poi, continuando la visione, ho capito quanto è creativa, positiva, energica, quanto è grande la sua conoscenza di arte e poesia. Nelle vulnerabilità di Pamela ho visto quelle di Shelly».
Cosa siamo senza lo sguardo degli altri? Pamela Anderson ha già risposto molte volte a questa domanda
In una recente intervista rilasciata a W Magazine si definisce “un costume”, un’ispirazione molto amata, come se il suo personaggio di un tempo fosse un involucro oggi a uso e consumo di tutti, tranne che suo. «Mi ci sono voluti 50 anni per sentirmi bene nella mia pelle. E invece di interpretare ruoli nella mia vita vera, oggi voglio farlo al cinema. L’idea mi è sempre piaciuta ma non sono riuscita a focalizzarla durante la giovinezza, negli anni in cui sono diventata parte della cultura pop», ha detto l’attrice a Roger Ebert.
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«Spero che dal film si capisca che non c’è un modo solo per crescere figli. Che seguire i propri sogni non ha una data di scadenza. So che Shelly saprà reinventarsi. La sua joie de vivre non sparirà. La felicità è una scelta».
Allora, cosa ne pensate di questo film? Siete pronti a vedere una Pamela Anderson inedita e vulnerabile? Lasciate un commento qui sotto e condividete questo articolo con i vostri amici! E non dimenticate di seguire il mio sito per rimanere sempre aggiornati sulle ultime novità dal mondo del cinema e dello spettacolo: https://viral.begastyle.com