
Lo scontro tra il Doc Holliday di Kilmer e il Johnny Ringo di Michael Biehn in ‘Tombstone’ (1993) cattura l’emozione nervosa di uno scontro a fuoco mortale, con tanto di citazioni cult.
Image source: Rolling Stone
La recente scomparsa di Val Kilmer, un attore che ha segnato un’epoca, ha colpito profondamente anche gli appassionati del genere western. In Tombstone (1993), Kilmer ci ha regalato una delle interpretazioni più iconiche nella storia del genere, vestendo i panni del carismatico, ma tormentato, dentista con la tubercolosi e giocatore d’azzardo John Henry “Doc” Holliday. Un personaggio segnato da attacchi di tosse, dipendenza dall’alcol e una profonda dose di auto-disprezzo. Ma Kilmer, con la sua maestria, è riuscito a mostrare anche la fragilità umana dietro la figura leggendaria, ben oltre la spavalderia tipica del vecchio West.
Ma non fraintendete: il Doc Holliday di Kilmer, rapido con la sua Colt .45 tanto quanto con la lingua affilata, era un uomo da temere, eccome!
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Kilmer ha saputo incarnare perfettamente ogni sfaccettatura del personaggio nella scena clou del film: un confronto intimo, quasi sussurrato, con il pistolero Johnny Ringo (un diabolico Michael Biehn). A parere di molti, questo è il duello più intenso e memorabile dell’era moderna del western, nonostante siano stati sparati solo due colpi.
Immaginate la scena: Holliday, apparentemente confinato al suo ranch a causa della tubercolosi, emerge dalle ombre del deserto dell’Arizona per sorprendere il temibile Ringo, che si aspettava di avere vita facile con Wyatt Earp (interpretato da Kurt Russell). “Non pensavo che ne avessi le capacità,” sghignazza Ringo, credendo di trovarsi di fronte a Earp. Ma la risposta di Kilmer/Holliday è leggendaria: “Sono il tuo huckleberry“. E poi, con un tono strascicato che gela il sangue, aggiunge: “Perché, Johnny Ringo, sembra che qualcuno abbia appena camminato sulla tua tomba.” Un’affermazione che, da sola, è entrata di diritto nel pantheon delle citazioni cult del genere.
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Mentre Ringo insiste che la contesa sia con Earp, Holliday lo zittisce, citando una lite precedente: “Abbiamo iniziato una partita che non siamo mai riusciti a finire,” per poi aggiungere un colpo di tosse beffardo come diversivo: “Giocare per il sangue.”
Il momento della verità: i due uomini si fronteggiano, le mani che sfiorano i loro revolver con l’impugnatura di madreperla. “Di’ quando,” dice Holliday con una calma glaciale. Gli occhi si incrociano, le sopracciglia si aggrottano e un impercettibile sorriso si disegna sul volto di Holliday, prima che estragga fulmineamente la pistola e centri Ringo con un colpo letale in piena fronte. “Non sei una margherita!”, lo schernisce, mentre Ringo barcolla come uno zombie, scaricando inutilmente la sua arma a terra.
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Con Ringo a terra, Earp irrompe sulla scena, arrivando tardi per quello che sarebbe potuto essere il suo stesso funerale, se non fosse stato per la dimostrazione di lealtà di Holliday. “Oh, non ero poi così malato come ho fatto credere,” confessa a Earp, con un sorriso enigmatico.
Perché questa scena è così speciale?
A distanza di anni, questa scena rimane un capolavoro sottovalutato, la prova che i duelli western non devono necessariamente essere eccessivamente teatrali come quelli che abbondano in molti film del genere, Tombstone incluso. Pensate al celebre scontro a fuoco all’O.K. Corral: una sequenza fragorosa che dura ben due minuti sullo schermo. La realtà? Poco più di 30 secondi di pura brutalità.
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